mercoledì 3 agosto 2011

Cronaca di un pomeriggio rock - seconda parte

Siamo nel parcheggio interno alla zona concerti. Roberta, io e Sere ci sediamo sul marciapiede e acceso il registratore partiamo con le prime domande. Come da previsioni, Roberta è disponibile, attenta e risponde con precisione ad ogni quesito glissando soltanto sul significato più ampio che si cela dietro l'ultimo disco (molto probabilmente per colpa mia, avendo posto la domanda con poca precisione rispetto a quanto scritto).
Dieci minuti, tuttavia intensi e perchè no emozionanti. Stiamo parlando con un elemento della rock band italiana del momento, una formazione ormai storica che in dieci anni ha ridato dignità al rock italico con dischi di assoluto valore. Sul finire i toni sono meno professionali, sembra che nella barriera giornalista/musicista sia stato aperto un varco; ora siamo più confidenziali e ci scappano pure due risate quando interviene Sere per domandargli: "Se non foste diventati musicisti, cosa avreste fatto nella vostra vita?" E lei: "Alberto dice sempre che se non avesse fatto il musicista si sarebbe ammazzato. Nel senso che non avrebbe avuto nient’altro per la testa se non suonare! Luca (il batterista) probabilmente avrebbe fatto il disegnatore edile, perché ha studiato per fare quello. Ed io forse avrei studiato per diventare psicologa, per capire me stessa più che gli altri! Poteva essere auto terapia, però anche andare in tour con i Verdena è abbastanza terapeutico, capisci molte cose su te stessa e sulle altre persone. Anche se non ho una laurea in psicologia avrei molto da raccontare sugli esseri umani". Sere: "Chissà, magari scriverai un libro in futuro..." Roberta: "Si, un libro sull’antropologia del tour!" e giù risate. Già ce le vedo ste due diventare amiche.
Quando spengo il registratore capisco di aver raccolto del buon materiale; prima che lei vada via faccio la mossa giusta: "Posso lasciarti il disco, così lo firmate?" .... "Certo, dallo a me, ora torno nel camerino". Mi viene da esclamare Wow!
Roberta torna con il vinile autografato, manca solo la firma di Alberto che nel frattempo sta rispondendo alle domande dell'altra giornalista. Ringraziamo Roberta e attendiamo il cantante che, poco dopo, torna verso il backstage. Vai Fra. "Scusa Alberto, potresti..." .... "Certo". 
E qui, scena epica: piglia il pennarello, fa una A, poi una L, poi la B. Riflette. Compone il suo nome per intero con una calligrafia da ragazzino di quinta elementare fino a formare la O con un tratto più deciso. A questo punto ci guarda. Perplesso. Poi fa una smorfia con il  viso come a dire "più o meno". Saluta e se ne va.
Io e Sere siamo li con due faccie segnate da un sorriso di incredulità: ma sto tipo, che ha fatto?
Felici per l'esperienza e affamati dall'ora, ci avviciniamo all'area ristoro. Sere con voce suadente fa: "Certo che, l'hot dog, tiraaa..." . Forse si è eccitata incrociando lo sguardo di Alberto, o forse l'hot dog di Guarduagrele è afrodisicaco, non lo so. Glielo faccio notare ma lei ride. E' pure imbriaca?
Ceniamo e attendiamo i Verdena sul palco. Alle 23:00 ci siamo. Tocca a loro. Inizia il viaggio, ed è sempre un gran partire per dove ognuno sa.
Nel mezzo, l'ultima perla della giornata. "Scegli me" che Sere attende da matta dopo averla soltanto "sfiorata" durante il check. Alberto fa partire l'attacco al piano con due mani: tan, tan, tan, tan ,tan, tan, scegli meeee! C'è qualcosa che non va, ancora quel riverbero: pezzo davvero stregato se è dal pomeriggio che i quattro (con loro c'è anche l'amico Omid dal vivo) gli stanno dietro invano. Sembrano voler andare avanti, ma niente da fare. E qui Alberto da il meglio di se. Prima tenta senza successo di dare indicazioni al tecnico di palco, poi, in preda al nervosismo, inizia a battere i pugni sulla tastiera. Ci riprova e ancora nulla, ora è rabbia: di nuovo due cazzotti assestati al centro dell'incopevole tastiera e via dietro il palco. Pausa.
Gli altri capiscono il momento, Roberta sorride dispiaciuta e mortificata verso il pubblico. Siamo tutti con lei, con loro. Perchè nonostante tutto è un live set da paura quello dei Verdena: intenso, sudato, viscerale. Rock. Non c'è bisogno di perdonagli nulla, a noi va bene così. "Razzi, arpia inferno e fiamme" ci commuove, "Angie" ci fa cantare. E' tutto ok, davvero.
Alberto torna e dice: "Scusate, facciamo pena stasera". Cazzate. Ne vogliamo ancora. E allora dai con "Muori delay" e "Isacco nucleare". Gran finale con una jam di noise contorto insieme agli opener Mariposa.
Poi sautano con un secco "grazie, ciao".
Siamo felici, giornata piena. Io mi sento soddisfatto, come un vero reporter. Fosse sempre questa la nostra sbobba quotidiana! Ma per oggi niente lamentele, solo la dolce sesazione di aver goduto del rock e delle sue piccole grandi storie quotidiane.
Accendo il navigatore. Ripartiamo.

martedì 2 agosto 2011

Cronaca di un pomeriggio rock - prima parte

Sabato io e Sere siamo andati a vedere i Verdena. Trasferta collinare to Guardiagrele rock city. Roba da navigatore per chi, come noi, parte dalla provincia di Pescara per passare nel territorio estero della provincia di Chieti. E nemmeno si parla del centro cittadino: zona industriale dispersa tra lande abruzzesi rigogliosamente colorate di un verde estivo. Impreca con il satellite, chiedi un informazione ad un autoctono e la sana botta di culo, alle 17e30 siamo alla "venue", parolona che non sentivo da un'infinità di tempo e che nel gergo degli uffici stampa sta per "luogo del concerto". Ufficio stampa in questo caso della band suddetta: siamo li per intervistarli, mica bruscolini. Band che definire ostica è dire pochissimo; nota, infatti, è la loro avversione per giornali e giornalisti, o presunti tali, che puntualmente, ad ogni uscita discografica, sono li a deprimerli con un fuoco di domande paragonabile ad un copione perpetuo. E un pò li comprendo. Dunque lavoraccio sporco, da ore passate in cameretta a rimuginare sulle virgole di ogni quesito composto con tutta la professionalità possibile e con un filo costante di riverenza che la mia/nostra passione per la loro musica provoca inevitabilemte. Zaino in spalla, registratore-macchinetta, vinile di "Wow" e pennarello indelebile per apporvi su gli autografi: il kit del perfetto fan è ok. Vamos!

Come da accordi con il loro disponibilissimo e gentilissimo tour manager Roberto, attendiamo la band che, al nostro arrivo, sta completando il soundchek. E qui, nemmeno il tempo di godere di una "Scegli me" versione "mi godo il palco senza nessuno stronzo davanti a coprire la visuale", capiamo subito che saranno cazzi.

Alberto, leader della band, ha un problema al microfono: l'attacco del pezzo provoca una specie di rantolo riverberato. Prova e riprova a sistemare l'assetto, la tensione sale e lo scazzo tra l'irascibile moro e gli altri placidi compagni aumenta all'inverosimile. Io e Sere ci iniziamo a guardare preoccupati; tutti e due sappiamo che non sarà facile averli vicino e a loro agio dopo un chek andato quasi a escort.

Sono le 18e15 circa quando i tre scendono dal palco: cazzo, tocca a noi! Eh si, siamo tesi, almeno io lo sono. Sere c'ha sempre quell'aplomb da giornalista affermata che mi fa paura ed io, al confronto, sembro un novellino. Ma sono i Verdena, mica i Dik Dik. Mi do un contegno il tempo necessario per riordinare le idee ed ecco arrivare in avanscoperta il tour manager ad offrirci le prime indicazioni. Siamo li in quattro ora, un'altra giornalista è sul posto accompagnata da un'amica, anche loro prenotate per due chiacchiere con la band. Mi scappa subito un "e che cazzo!" mentale all'idea che lo smaronamento per la band sarà doppio dopo ben due sedute di psicologia rock. Pazienza. Il tour manager ci avvisa subito: "Arriveranno Roberta (la bassista) e Alberto (il cantante): nel primo caso registrate come volete, nel secondo niente video" Interviste separate. Bene.

Dopo il preambolo del chek tifo silenziosamente per avere Roberta, non per timore reverenziale dell'affascinante leader con l'umore contorto, ma per la risaputa disponibilità al dialogo della rossa musicista che, al contrario di quest'ultimo, ha più cura nel rispondere con precisione alle domande, senza divagare a piacere come sotto effetto anfetaminico (ad onor del vero, a fine serata sentirò un po il dispiacere di non averli potuti beccare insieme, sarebbe stato molto interessante, ma in fondo va bene così). Il boss dice che noi siamo i primi e in quanto tali ci tocca la Roberta; lei arriva e soddisfatti ci presentiamo, stretta di mano decisa e via alla ricerca di un posto appartato per iniziare l'intervista.